lunedì 5 dicembre 2016

Il gioco: quando diventa patologia - le distorsioni cognitive del giocatore



Il gioco d’azzardo patologico (GAP) è un disturbo che non sempre si riesce a diagnosticare immediatamente. Il confine tra il comportamento, socialmente accettato, come attività piacevole e ricreativa del gioco ed il comportamento patologico non sempre è ben visibile.

Anche nel mondo scientifico il GAP è stato diagnosticato, nel suo aspetto patologico, solo nel 1980 quando nel DSM-III veniva contemplato tra i “disturbi del controllo degli impulsi, non classificati altrove”.

A seguito di un grosso dibattito scientifico, questo disturbo, per la similarità del tra il GAP e le dipendenze da alcol e altre sostanze d’abuso, nel DSM-5 è stato inquadrato tra le dipendenze (Substance-Related and Addictive Disorders). Dunque il disturbo clinicamente non viene più definito “gioco patologico” ma “disordered gambling” (gioco problematico).

Il cambiamento diagnostico è legato all'evidenza che alcuni comportamenti, come il gambling, attivano il sistema di ricompensa del cervello, con effetti simili a quelli delle droghe e che i sintomi del disturbo da gioco d’azzardo assomigliano in una certa misura a quelli dei disturbi da uso di sostanze.

Questo fenomeno è oggetto di numerosi studi sia per la caratteristica di patologia, che è generata da una dipendenza senza sostanza, sia per la grossa incidenza sulla popolazione. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) parla di un fenomeno in crescita che nella popolazione adulta si attesta sul 3%. Aspetto allarmante è l'aumento anche tra la gli adolescenti.
Colpisce più gli uomini che le donne.

Ma quando il gioco diventa patologia?
Il gioco d’azzardo è patologico quando si è talmente coinvolti da questo comportamento da non poterne più fare a meno; quando si sacrifica tutto il resto per poter giocare, qualunque altra azione perde di interesse e le conseguenze negative del gioco eccessivo vengono minimizzate e messe in secondo piano rispetto al bisogno compulsivo di giocare.
Le motivazioni che portano al gioco patologico sono certamente individuali e tarate sulla storia di ognuno ma come ogni dipendenza il gioco risponde ad un bisogno, diventa una soluzione, per quanto non adattativa, ad un disagio. Il gioco d’azzardo offre dei vantaggi come ad esempio la fuga dalla realtà, il senso di onnipotenza, forte adrenalina, identità, ruolo e ovviamente la speranza di una grossa vincita che ti cambia la vita, ci sono persone che possono provare per questi aspetti forte attrazione.

Quali sono le trappole nelle quali cade un giocatore? 
Un giocatore ha distorsioni cognitive che lo portano ad avere credenze sbagliate. Il pensiero del giocatore sui giochi d’azzardo, infatti, va contro i principi della razionalità e della logica. (Ladouceur et al., 2000, p. 69).

Tra le principali distorsioni c'è quella descritta da Langer (1975) l'Illusione di controllo. Il giocatore si sente capace di gestire e controllare gli eventi fortuiti attraverso alcune strategie che mette in atto, dimenticando che il risultato è solo basato sul caso. Il gioco viene vissuto come strumento per dimostrare le proprie abilità e caratteristiche personali (quali ad esempio il considerarsi persona molto fortunata). Dietro questa distorsione c'è una sopravvalutazione di caratteristiche personali. Per questi motivi il giocatore è convinto di poter gestire e controllare l'esito del gioco. 

Altra distorsione, con la quale si confronta il giocatore patologico, è la fallacia del giocatore o di Montecarlo (Cohen,1972). Il giocatore tende a sopravvalutare la probabilità di successo di una giocata difronte ad una serie di scommesse perse o al contrario sottostimare la possibilità di vincere, dopo una scommessa vinta. Questo comportamento genera il fenomeno dell'”inseguimento delle perdite”, che consiste nel scommettere con maggiore frequenza e con cifre sempre più alte su una “serie di scommesse perse”.

Questo pensiero magico è lo stile che caratterizza il pensiero cognitivo del giocatore. In questo modo il giocatore si auto-convince, ad esempio, che una macchina che non paga da tanto tempo alla fine necessariamente dovrà pagare; oppure se una persona seduta accanto ha vinto basta insistere e la fortuna arriverà anche per lui ecc.
Ultima distorsione è legata al pensiero della “quasi vincita” che è sostenuta dalla credenza che, nonostante i ripetuti fallimenti, se si insiste con le giocate la vincita arriverà sicuramente.

Per questi motivi è importante, nel percorso psicoterapeutico, che il paziente riesca ad abbandonare queste credenze errate acquisendo, invece, il concetto della “indipendenza della giocata”. Qualunque tentativo di controllare, predire o influenzare l’esito è puramente illusorio e destinato a fallire.


Dott.ssa Stella Ariodante – Psicologa Psicoterapeuta

Presidente Associazione Nazionale Psicologi Psicoterapeuti (ANaPP)
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