L’ingresso al nido è una fase molto delicata della vita di ogni piccolo, in quanto, nella maggior parte dei casi si tratta della sua prima esperienza di separazione dai genitori e dell’accesso in un contesto nuovo, sia relativamente all’ambiente fisico (spazi, oggetti e tempi) che alle persone che lo abitano (staff educativo e coetanei).
In altre parole, entrando al nido, il bambino vive il passaggio dalla dimensione familiare a quella sociale. Il processo di separazione emotiva dai genitori è una tappa fondamentale e obbligata per lo sviluppo psico-fisico di ogni bambino: gli consente di scoprire stimoli nuovi utilizzando le proprie abilità motorie, sensoriali, sociali e cognitive. Far vivere la separazione emotiva significa dare al bambino la possibilità di crescere dal punto di vista intellettivo, motorio e affettivo. Infatti, il bambino che “può” vivere la separazione affettiva dal genitore ha la possibilità di acquisire le risorse (emotive e intellettive) necessarie (crescita dell’autostima, sopportazione della frustrazione, condivisione di oggetti, spazi ed emozioni con i coetanei, etc.) per affrontare le situazioni nuove che la vita gli riserverà (es. l’ingresso a scuola, ogni situazione di allontanamento dei genitori, l’accettazione della nascita di un fratellino, etc. ).
Tuttavia, nel tentativo di raggiungere il traguardo dell’autonomia attraverso la separazione dal genitore, ogni bambino è messo a dura prova perché inevitabilmente si troverà a vivere sentimenti angosciosi, alimentati dall’idea di subire un ‘abbandono’ dalla sua figura di riferimento.
Come può un genitore essere desideroso di sostenere la crescita del figlio, se tale processo può divenire fonte di sofferenza per il piccolo? Come può un genitore conciliare sentimenti tanto contrastanti che abitano in lui?
La capacità di gestire e saper vivere questo conflitto emotivo, ha a che fare con la capacità che lo stesso genitore ha di vivere la separazione affettiva. Un genitore che, per la qualità dei rapporti affettivi esperiti con le proprie figure parentali, nell’infanzia prima e nell’adolescenza poi, non è riuscito a superare l’esperienza della separazione emotiva con le proprie figure di riferimento, da adulto, non riuscirà a vivere con serenità ogni situazione che impone la separazione. Per tale ragione, questi genitori potranno manifestare maggiori difficoltà nell’accettare la crescita del proprio figlio nei momenti in cui, a partire dall’esperienza d’ingresso al nido, egli sarà chiamato a vivere il passaggio dal rapporto duale (figura di riferimento-figlio) a quello ternario.
A questo punto la domanda sorge spontanea: “Esiste un atteggiamento ‘indolore’ che un genitore può adottare quando il figlio è alle prese per la prima volta con il processo della separazione emotiva da lui?” Tanto più il genitore avrà fiducia nella sua capacità di ‘reggere’ la separazione dal figlio, maggiore sarà la sua propensione ad incoraggiare il piccolo verso l’autonomia, permettendogli di affrontare e superare il dolore dell’allontanamento da lui, a favore della sua crescita e promuovendo il suo bisogno innato di esplorazione del mondo.
Tornando al contesto del nido, è possibile affermare che, per un genitore (spesso la madre) è naturale, specie nella fase dell’inserimento, nutrire dubbi, incertezze, sentimenti negativi e resistenze nell’accondiscendere all’allontanamento dal proprio bambino.
Tali sentimenti non dovranno essere repressi , ma allo stesso tempo è importante che non vengano veicolati al figlio con frasi del tipo “mamma ti lascia solo se stai bene”, oppure “non sei arrabbiato perché la mamma va via, vero?”, o atteggiamenti quali quello del ritardare il momento del distacco dal bambino indugiando sulla porta, chiedere un altro bacio al piccolo ponendogli domande spesso rincuoranti solo per il genitore stesso.
In altre parole, il genitore dovrà essere il primo a tenere sotto controllo la propria ansia per la separazione, poiché i bambini sono molto ricettivi e capiscono ciò che la sua figure di riferimento vive in quel momento. Al contrario in tali circostanze, il bambino dovrà essere confortato dal genitore. L’adulto di riferimento potrò ad esempio rassicurare il bambino mostrandosi interessato alle sue attività di esplorazione, salutandolo con gesti rassicuranti (come un bacio rapido accompagnato da un sorriso e una carezza), pronunciando frasi rincuoranti (“divertiti, stasera racconterai a papà e mamma che giochi avete fatto”; oppure “fai un bel disegno e stasera lo regaliamo al papà”). Tali comportamenti permetteranno al bambino di abituarsi all’idea che quell’evento non è un abbandono, ma l’inizio della sua crescita come soggetto individuato.
In altre parole, entrando al nido, il bambino vive il passaggio dalla dimensione familiare a quella sociale. Il processo di separazione emotiva dai genitori è una tappa fondamentale e obbligata per lo sviluppo psico-fisico di ogni bambino: gli consente di scoprire stimoli nuovi utilizzando le proprie abilità motorie, sensoriali, sociali e cognitive. Far vivere la separazione emotiva significa dare al bambino la possibilità di crescere dal punto di vista intellettivo, motorio e affettivo. Infatti, il bambino che “può” vivere la separazione affettiva dal genitore ha la possibilità di acquisire le risorse (emotive e intellettive) necessarie (crescita dell’autostima, sopportazione della frustrazione, condivisione di oggetti, spazi ed emozioni con i coetanei, etc.) per affrontare le situazioni nuove che la vita gli riserverà (es. l’ingresso a scuola, ogni situazione di allontanamento dei genitori, l’accettazione della nascita di un fratellino, etc. ).
Tuttavia, nel tentativo di raggiungere il traguardo dell’autonomia attraverso la separazione dal genitore, ogni bambino è messo a dura prova perché inevitabilmente si troverà a vivere sentimenti angosciosi, alimentati dall’idea di subire un ‘abbandono’ dalla sua figura di riferimento.
Come può un genitore essere desideroso di sostenere la crescita del figlio, se tale processo può divenire fonte di sofferenza per il piccolo? Come può un genitore conciliare sentimenti tanto contrastanti che abitano in lui?
La capacità di gestire e saper vivere questo conflitto emotivo, ha a che fare con la capacità che lo stesso genitore ha di vivere la separazione affettiva. Un genitore che, per la qualità dei rapporti affettivi esperiti con le proprie figure parentali, nell’infanzia prima e nell’adolescenza poi, non è riuscito a superare l’esperienza della separazione emotiva con le proprie figure di riferimento, da adulto, non riuscirà a vivere con serenità ogni situazione che impone la separazione. Per tale ragione, questi genitori potranno manifestare maggiori difficoltà nell’accettare la crescita del proprio figlio nei momenti in cui, a partire dall’esperienza d’ingresso al nido, egli sarà chiamato a vivere il passaggio dal rapporto duale (figura di riferimento-figlio) a quello ternario.
A questo punto la domanda sorge spontanea: “Esiste un atteggiamento ‘indolore’ che un genitore può adottare quando il figlio è alle prese per la prima volta con il processo della separazione emotiva da lui?” Tanto più il genitore avrà fiducia nella sua capacità di ‘reggere’ la separazione dal figlio, maggiore sarà la sua propensione ad incoraggiare il piccolo verso l’autonomia, permettendogli di affrontare e superare il dolore dell’allontanamento da lui, a favore della sua crescita e promuovendo il suo bisogno innato di esplorazione del mondo.
Tornando al contesto del nido, è possibile affermare che, per un genitore (spesso la madre) è naturale, specie nella fase dell’inserimento, nutrire dubbi, incertezze, sentimenti negativi e resistenze nell’accondiscendere all’allontanamento dal proprio bambino.
Tali sentimenti non dovranno essere repressi , ma allo stesso tempo è importante che non vengano veicolati al figlio con frasi del tipo “mamma ti lascia solo se stai bene”, oppure “non sei arrabbiato perché la mamma va via, vero?”, o atteggiamenti quali quello del ritardare il momento del distacco dal bambino indugiando sulla porta, chiedere un altro bacio al piccolo ponendogli domande spesso rincuoranti solo per il genitore stesso.
In altre parole, il genitore dovrà essere il primo a tenere sotto controllo la propria ansia per la separazione, poiché i bambini sono molto ricettivi e capiscono ciò che la sua figure di riferimento vive in quel momento. Al contrario in tali circostanze, il bambino dovrà essere confortato dal genitore. L’adulto di riferimento potrò ad esempio rassicurare il bambino mostrandosi interessato alle sue attività di esplorazione, salutandolo con gesti rassicuranti (come un bacio rapido accompagnato da un sorriso e una carezza), pronunciando frasi rincuoranti (“divertiti, stasera racconterai a papà e mamma che giochi avete fatto”; oppure “fai un bel disegno e stasera lo regaliamo al papà”). Tali comportamenti permetteranno al bambino di abituarsi all’idea che quell’evento non è un abbandono, ma l’inizio della sua crescita come soggetto individuato.
Dott.ssa Francesca Chiricozzi - Psicologa Psicoterapeuta | http://psicologia-roma.com/
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