Spesso, di fronte a uno stato di disagio o di malessere, le
persone si chiedono se la causa sia da ricercare a livello fisico o mentale, come
se le due strade si escludessero a vicenda. Frequentemente, anche i
professionisti della salute hanno posizioni contrastanti in merito, proponendo
soluzioni che enfatizzano o uno o l’altro aspetto, secondo il loro orientamento
teorico e clinico. Questa mentalità, ormai scientificamente superata, impedisce
di mettere in campo strategie efficaci per la soluzione della problematica in
questione.
Il senso comune tende a considerare corpo e mente come entità
distinte, ma la medicina contemporanea e le neuroscienze hanno radicalmente
messo in discussione questo modello, riconoscendo l’inscindibile unità di mente
e corpo.
Nel 1948, l'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce
la salute non soltanto come “assenza di malattia”, ma come “uno stato di
completo benessere fisico, mentale e sociale”. Un obiettivo ideale, ambizioso,
che non può essere raggiunto senza una stretta collaborazione tra le diverse
specialità mediche, la psicologia e le scienze sociali.
Quando parliamo di fattori psicosociali intendiamo, tra le
altre cose, il benessere psicologico, gli stili di vita, il contesto
ambientale, le risorse individuali, il sostegno sociale, lo status
socio-economico. Questi elementi sono centrali nell’influenzare la
vulnerabilità e il decorso dei disturbi medici, anche se il loro peso relativo
può variare da malattia a malattia, da individuo a individuo, e perfino da un
episodio all'altro della stessa malattia.
Oggi è comunemente accettato che il funzionamento psichico e
somatico siano strettamente correlati e interdipendenti. È ormai noto come la
presenza di benessere psicologico e sociale incida sulla salute delle persone,
sia proteggendo l'organismo dall'insorgenza delle malattie, sia promuovendone
la guarigione. Disponiamo, inoltre, di paradigmi di ricerca avanzati, che si
fondano sull’integrazione tra indagine psicologica e somatica, per lo sviluppo
di una scienza più efficace dell'essere umano, che restituisca al corpo la
globalità della sua esistenza, fatta di biologia, emozioni, pensieri e
relazioni.
Mente e corpo: un’ottica integrata
Domandarsi se sia la mente che influenza il corpo o
viceversa è un po’ come chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina. Già
alla fine dell'Ottocento, Sigmund Freud affermava che non solo gli affetti, nel
senso più stretto, ma tutti gli stati psichici sono caratterizzati da uno
strettissimo rapporto con i processi corporei.
L’approccio psicosomatico contemporaneo si occupa dello studio
scientifico del ruolo dei fattori psicologici nella genesi o nel decorso delle
malattie somatiche, mettendo in relazione componenti biologiche, psicologiche e
sociali nella determinazione dello stato di saluta e malattia (Biondi, 2013).
Tutti i nostri stati psichici ed emotivi hanno i loro corrispettivi
a livello somatico (attivazione emozionale), che si manifestano in maniera
evidente nell’alterazione di parametri fisici misurabili, come il battito del
cuore, il ritmo del respiro, la pressione o l’irrorazione del sangue nei
diversi distretti corporei. A livello cerebrale, abbiamo importanti effetti a
livello dei neurotrasmettitori o neuromodulatori, cioè le sostanze chimiche che
veicolano le informazioni all’interno del sistema nervoso, modulando l’attività
delle cellule neuronali. Alcuni di questi, come serotonina, dopamina, noradrenalina,
o le endorfine, regolano i processi psico-affettivi, determinando i livelli di
benessere, di energia e di eccitabilità del nostro organismo.
Diversi studi dimostrano come la tensione emotiva accumulata
induca croniche alterazioni neurovegetative, che, dopo una prima fase
funzionale, in cui sono reversibili, possono portare a modificazioni tessutali
e a malattie organiche irreversibili.
Come sosteneva Franz Alexander (1950), anche malattie
tradizionalmente considerate organiche, come le infezioni, sono a un certo
livello “psicosomatiche”, poiché la reazione immunitaria e la resistenza
dell'organismo sono un fenomeno complesso, che può in parte dipendere da
fattori emotivi.
L'approccio psicosomatico ha fornito aree di pensiero
innovative all'interno della medicina tradizionale, generando numerosi campi
interdisciplinari di applicazione, quali: psiconcologia, psicodermatologia,
psicoendocrinologia e la psicoimmunologia, con lo scopo di chiarire il
complesso equilibrio tra emozioni e malattia (Grandi, Rafanelli, Fava, 2011).
I disturbi psicosomatici e l’efficacia della psicoterapia
I disturbi psicosomatici non sono problematiche fittizie, ma
disturbi a tutti gli effetti, che possono causare una notevole sofferenza e una
compromissione del funzionamento della persona.
In alcuni casi, il disagio psicologico non riconosciuto può
essere “spostato” sul piano somatico, con preoccupazioni per la propria salute
o una vera e propria sintomatologia fisica, che presenta però anche
un'importante componente psicologica. Allo stesso modo, i problemi somatici
possono avere delle ripercussioni sull'equilibrio psichico dell’individuo e
sullo stile di vita.
Tra i quadri più diffusi in cui i fattori psicologici
possono avere un ruolo di primo piano, abbiamo: mal di testa, sintomi cardiovascolari,
gastrointestinali, dermatologici o muscoloscheletrici, problemi respiratori o
alimentari.
Se tutti gli stati mentali trovano i propri corrispettivi a
livello corporeo, è anche vero il contrario: ogni patologia di natura medica ha
i propri risvolti psicologici, relazionali e sociali, che non andrebbero assolutamente
trascurati, come spesso purtroppo accade.
Di fronte a una sintomatologia “sospetta”, va innanzitutto
condotto un accurato esame medico che escluda la base organica dei sintomi.
Spesso, le persone giungono in terapia psicologica dopo anni di controlli
medici dall'esito negativo, dunque ci sono forti probabilità che il disturbo
abbia implicazioni di tipo psicologico e che possa essere felicemente
affrontato con la psicoterapia.
Nel caso, invece, di soggetti con una patologia organica, va
considerato come convivere con un problema fisico cronico e talvolta
invalidante possa essere di per sé un'indicazione per la psicoterapia, quando
il disagio, il dolore, le difficoltà che ne derivano compromettono il
funzionamento della persona dal punto di vista psicologico, relazionale e
lavorativo.
Oggi sappiamo che l'ambiente e le esperienze di vita hanno
il potere di produrre cambiamenti profondi nella nostra psiche, nonché modificazioni
cerebrali, agendo sull'espressione dei geni e sui processi biologici
dell'organismo. Ogni cambiamento del mondo intrapsichico è dovuto alla
plasticità corticale e trova i suoi correlati negli scambi neuronali che i
processi evolutivi ed esperienziali attivano.
Dal campo delle neuroscienze, stanno arrivano importanti
conferme ad alcune teorie psicodinamiche, come quella dell'inconscio, della
memoria, o della rimozione. Inoltre, si è scoperto che la parola, su cui tutte
le forme di psicoterapia fondano la propria cura, interviene sui mediatori
neurochimici delle connessioni sinaptiche determinandovi cambiamenti più o meno
stabili (Riolo, 2005).
Nel processo terapeutico, come nella vita di tutti i giorni,
le emozioni producono importanti effetti a livello corporeo. Le parole in
terapia sono uno strumento eccezionale, in grado di agire sui pensieri e sulle
emozioni del paziente, modificando anche le sue risposte fisiologiche allo
stress (Biondi, 2013).
Le ricerche dimostrano come i benefici della psicoterapia
includano effetti fisiologici importanti, quali la riduzione della pressione
arteriosa, della tensione muscolare o degli spasmi gastrointestinali. Nel caso
delle cefalee, ad esempio, sono stati riscontrati miglioramenti significativi a
livello di frequenza e intensità delle crisi, con normalizzazione nell'attivazione
di aree cerebrali come l'amigdala, sede del “cervello emotivo” (Petolicchio et
al., 2013). Mente e corpo partecipano attivamente al processo terapeutico e la
loro influenza reciproca produce effetti su differenti e importanti livelli.
Allo stato attuale delle nostre conoscenze scientifiche,
emerge come sia sempre più importante adottare nei confronti della salute un
approccio psicosomatico, che guardi all'uomo come a un tutto unitario, dove la
sofferenza si manifesta a livello organico come sintomo e a livello psicologico
come disagio (Gabbard, 2007). Il focus non può rimanere limitato alla
manifestazione fisiopatologica di un’eventuale malattia, ma deve includere l'aspetto
psicologico ed emotivo che la accompagna.
In conclusione, i disturbi ad espressione somatica esprimono
eventi bio-psico-sociali complessi e riflettono disagi e conflitti psichici che
eccedono le capacità della persona, spesso senza che questa ne sia pienamente
consapevole. La psicoterapia può far luce sui meccanismi del disturbo, ma può
anche aiutare il paziente a gestire i problemi a esso connessi e affrontare le
ripercussioni negative sul proprio stile di vita.
Bibliografia
Alexander F. (1951), Medicina psicosomatica, Giunti,
Firenze.
Biondi M. (2013), Una psicosomatica della terapia, in Atti
del Congresso Internazionale “La diagnosi in psicoterapia e psichiatria”,
Centro Congressi Frentani, 11-13 Ottobre 2013, Roma.
Gabbard G.O. (2007), Psichiatria psicodinamica, Raffaello
Cortina, Milano.
Grandi S., Rafanelli C., Fava G. (2011), Manuale di
psicosomatica, Il Pensiero Scientifico, Roma.
Petolicchio B. et al. (2013), Short-term psychodynamic
therapy versus pharmacological treatment in chronic headache: an observational
study, Journal of Headache and Pain, 14.
Riolo F. (2005), Desideri e conflitto dall'universo edipico
a quello dionisiaco, Intervista a Ferdinando Riolo di Francesca Borrelli da Il
Manifesto del 26/02/2005.
Dott.ssa Sara Aielli – Psicologa Psicoterapeuta
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