“Avrò chiuso la porta di casa?”
“Ho tirato il freno a mano?”
Queste sono solo alcune delle domande che Paolo ogni mattina si pone mentre esce per andare a lavoro e poi lungo il tragitto…Ormai non ce la fa quasi più a gestirle, è arrivato a non andare più a lavoro: semplicemente ha chiamato il suo medico e ha preferito darsi malato, tanta è la pressione che subisce.
Perché purtroppo non sono solo pensieri, sono anche i comportamenti: controllare ripetutamente di aver fatto tutto (il gas, la porta, le finestre…), ripetere in continuazione il tragitto fatto in macchina per andare a lavoro, per essere certo di non aver inavvertitamente investito pedoni o provocato gravi incidenti
Paolo è ben consapevole di quello che gli sta accadendo, ha già avuto a che fare con il disturbo ossessivo-compulsivo e ne riconosce le prime avvisaglie: questa è la sua prima ricaduta. Si sono ripresentati i sintomi di cui aveva sofferto circa dieci anni prima, quando lui di anni ne aveva 25: Paolo lavorava come meccanico in un’officina e passava ore a controllare e ricontrollare pezzi che lui stesso aveva montato attenendosi a rigidissimi rituali (innumerevoli giri di viti e bulloni o controllare numerose volte il livello dell’olio…) per paura che potesse accadere qualcosa ai clienti, ma soprattutto di esserne lui stesso il diretto responsabile.
Cos’è il disturbo ossessivo-compulsivo?
Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni, anche se in alcuni casi possono essere presenti solo le ossessioni senza la componente compulsiva
Il disagio emotivo può essere tanto intenso che le persone si sentono costrette a mettere in atto una serie di comportamenti rituali o azioni mentali (compulsioni) per neutralizzare le ossessioni o eliminarle dalla mente. Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi (es: lavarsi le mani, ripetere più volte una stessa azione) o azioni mentali (es. contare, ripetere formule superstiziose) che permettono alla persona di alleviare momentaneamente il disagio provocato dalle ossessioni. Sono un tentativo di soluzione ed attraverso esse la persona riesce a ridurre, almeno temporaneamente, la sgradevole sensazione che qualcosa non va o che potrebbe accadere qualcosa di brutto
Le caratteristiche centrali del disturbo ossessivo compulsivo quindi sono: la ripetitività, la frequenza e la persistenza della attività ossessiva (i pensieri intrusivi si ripresentano alla mente con frequenza e permangono in modo duraturo e continuo) e la sensazione che tale attività sia imposta.
Le ossessioni sono idee, pensieri, impulsi o immagini che insorgono improvvisamente nella mente e che vengono percepiti come: intrusivi (la persona ha la sensazione che “irrompano da soli” o che siano indipendenti dal flusso di pensieri che li precede), fastidiosi (la persona sperimenta disagio per il contenuto o per la frequenza) e totalmente privi di senso (la persona ha la sensazione che siano irrazionali, esagerati o comunque non giustificati o poco legati alla realtà)
E’ importante sottolineare che, nonostante le compulsioni nascono spesso come un tentativo di soluzione rispetto alle ossessioni, il sollievo che se ne trae è solo temporaneo, per cui le ossessioni si ripresentano nel tempo o possono anche aumentare. Inoltre, le compulsioni possono diventare molto debilitanti, impegnare molto tempo e diventare esse stesse un problema. La persona con disturbo ossessivo-compulsivo può iniziare ad evitare tutte le situazioni associabili alle ossessioni e limitare notevolmente la propria vita sociale o lavorativa
Esempi di ossessioni sono pensieri come: “Potrei infettarmi se tocco la porta del bagno della discoteca”; “Non devo pensare al nome delle persone a cui voglio bene in ospedale, altrimenti potrebbero ammalarsi”; “Se non controllo che tutti i files sul PC siano chiusi, qualcosa di brutto accadrà”.
Nei film e nella letteratura il DOC è sempre stato un soggetto affascinante. Il legame tra pulizia fisica e senso di colpa morale viene spesso definito Macbeth Effect perché nella tragedia di Shakespeare “Macbeth”, Lady Macbeth è complice dell’omicidio di Re Duncan di Scozia e cerca disperatamente di lavare la macchia di sangue immaginaria (i suoi sensi di colpa). Nel film con Jack Nicholson “Qualcosa è cambiato”, il protagonista mette in atto tutta una serie di compulsioni, ad esempio all’ossessione “le mie mani sono piene di germi pericolosi per la mia salute” il comportamento del protagonista è lavarsi le mani con acqua bollente e con saponette che getta via subito dopo; è un tentativo di allontanare il problema della percepita o temuta contaminazione.
Un altro famosissimo esempio è il film “The Aviator” che racconta la vita leggendaria di Howard Hughes, visionario magnate americano interpretato da Leonardo Di Caprio, affetto da una forma gravissima di DOC da contaminazione, la paura di essere contaminato dallo sporco, dai germi. Nel film c’è un chiaro riferimento alle esperienze precoci di Howard bambino con la pulizia: sua mamma lo lava ripetendo la frase “Tu non sei al sicuro mai”, un mantra che tornerà spesso alla mente di Howard adulto e che è chiaramente legato al bisogno estremo di controllo.
Le cause.
Il disturbo ossessivo-compulsivo è un disturbo prevalentemente ad esordio precoce, 19 anni è l’età media di esordio, i segni e sintomi iniziano nell’infanzia nel 30-50% dei casi, ma esistono esordi in età adulta e tardiva. In Italia ne soffrono circa 800mila persone.
Dal punto di vista strettamente psicologico, esistono evidenze del fatto che alcune esperienze e caratteristiche educative possano contribuire fortemente alla genesi del DOC.
Esiste un’ampia letteratura scientifica che individua nell’investimento sulla protezione dal senso di colpa e sull’esagerato senso di responsabilità, fattori centrali nella genesi del disturbo ossessivo compulsivo. Il timore di colpa e l’elevato senso di responsabilità predicono la tendenza ad avere ossessioni e compulsioni e la manipolazione della responsabilità influenza l’intensità e la frequenza di comportamenti ossessivi sia nei pazienti che in campioni non clinici.
La forte rigidità morale, di frequente frutto di una educazione particolarmente severa e rigida, con grande attenzione alle regole e con punizioni sproporzionate e/o difficilmente prevedibili, è un elemento che generalmente si trova nella storia delle persone che soffrono di DOC; si tratta di aspetti educativi che molto probabilmente favoriscono l’esagerata responsabilità e l’elevata sensibilità alla colpa.
Possibili livelli di intervento.
Il DOC tende a cronicizzarsi e, seppure con fasi di miglioramento che si alternano a fasi di peggioramento, raramente il suo decorso è episodico. In una percentuale stimata tra il 5 e 10% il disturbo ha un decorso gradualmente ingravescente. Considerando che, si tratta di un disturbo che colpisce prevalentemente persone giovani, dunque, con una lunga aspettativa di vita, ne derivano conseguenze amplificate anche in termini di costi sociali oltre che personali. Infatti, dal punto di vista personale il DOC può avere gravi conseguenze in termini di costi esistenziali: poiché di solito colpisce in giovane età, rischia di compromettere il corso di studi, la possibilità di lavorare, la normale vita di relazione. Ad esempio spesso le persone che soffrono di tale disturbo impiegano molto più tempo a diplomarsi o laurearsi e a volte addirittura rinunciano; nel lavoro spesso devono accontentarsi di mansioni di bassa responsabilità. Il disturbo ossessivo compulsivo, dunque, riduce notevolmente le capacità di realizzazione esistenziale, riflettendosi negativamente anche sulla qualità e sulla durata delle relazioni amicali e affettive.
Dal punto di vista sociale, il fatto che il disturbo tenda a cronicizzare implica costi alti e prolungati in termini di assistenza e di capacità di lavoro (le persone affette da DOC sovente lavorano in modo discontinuo e poco produttivo).
Una terza e frequente conseguenza del disturbo è un peggioramento della vita anche dei familiari: la persona può avere sintomi cosi pervasivi da diventare invalidanti non solo per sé, ma anche da impedire il normale funzionamento della vita dei familiari. Ad esempio i congiunti spesso sono direttamente coinvolti nelle compulsioni (per contenere il disagio del soggetto si sentono costretti a fare loro stessi lavaggi ripetuti, controlli o altro tipo di rituali) o chiamati continuamente in causa con ripetute richieste di rassicurazione circa il contenuto delle ossessioni (ad esempio il paziente a turno “interroga” genitori, partner, fratelli con domande come “sei sicura che toccando una maglietta rossa non ci si contagi?”; “avrò chiuso bene la porta?”). Il coinvolgimento nei sintomi può essere estenuante per i familiari e questo, con il passare del tempo, può anche peggiorare la qualità delle relazioni.
Come affrontare tale disturbo?
Le linee guida internazionali indicano come miglior approccio la psicoterapia in sinergia con la terapia farmacologica. Un’accurata valutazione diagnostica da parte di uno specialista è di fondamentale importanza proprio perché è dalla diagnosi che parte la pianificazione dell’intervento, anche per valutare l’eventuale comorbilità con altri disturbi psichiatrici (ansia, depressione, disturbi di personalità), ed inoltre, per il dosaggio farmacologico più idoneo.
La psicoterapia è finalizzata, a breve termine a ridurre la quantità e la frequenza dei sintomi e, più a lungo termine, a rendere il soggetto meno vulnerabile ai temi e ai meccanismi cognitivi che hanno contribuito alla genesi e al mantenimento del DOC. E’ importante, quindi, anche lavorare sulla vulnerabilità storica del paziente e quindi sul contesto famigliare. L’obiettivo è quello di lavorare sulle dinamiche relazionali disfunzionali che possono aver dato origine o aver alimentato il sintomo. Questo ci aiuta a capire le origini e la natura del sintomo. Se non cambiano le “regole” della famiglia di un soggetto portatore di una patologia, il lavoro psicoterapico non è completo e questo espone più facilmente il paziente alle ricadute.
Van Noppen e coll. (1997) classificano le reazioni dei famigliari lungo un continuum che va da “accomodation” a “antagonismo”, ovvero:
- i genitori, o il partner, colludono con i sintomi ossessivo-compulsivo e accettano passivamente le compulsioni con atteggiamento di accondiscendenza o rassicurazione
- i genitori, o il partner, si irrigidiscono in un ruolo oppositivo verso i sintomi con scarsa tolleranza e con atteggiamento di ostilità e critica nei confronti dei sintomi colpevolizzando il paziente.
Entrambe le reazioni non aiutano il familiare affetto da DOC: la colpa aumenta l’ossessività e un ossessivo non potrà mai essere rassicurato. I dati disponibili in letteratura confermano coerentemente che entrambi gli atteggiamenti non riducono la sintomatologia! Anzi, sono facilmente causa di abbandono delle terapie e ricadute.
Ciò che è importante per un famigliare è la psicoeducazione, quindi conoscere il DOC ed inoltre imparare ad auto-osservarsi per riconoscere gli atteggiamenti disfunzionali (ad esempio rimproverare il paziente, mentirgli per cercare di rassicurarlo) che danno vita ad altrettanto disfunzionali circoli viziosi che alimentano la sintomatologia.
Bibliografia
-La mente ossessiva. Curare il disturbo ossessivo-compulsivo. A cura di Francesco Mancini,
Raffaello Cortina Editore, 2016
-DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. American Psychiatric Association, Raffello Cortina Editore, 2014
-Van Noppen B, Steketee G, McCorkle BH, Pato M. Group and multifamily behavioral treatment for obsessive-compulsive disorder: a pilot study. J Anxiety Disord. 1997 Jul-Aug; 11 (4):431-46.
Dott.ssa Iolanda Pisotta, PhD
Psicologa, Psicoterapeuta
Via Vetulonia 88, Roma
iolanda.pisotta@gmail.com
cell. 329.43.34.437
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