Secondo la ricerca Digital in 2016 gli utenti di Internet
(senza distinzione desktop-mobile) sono 3,4 miliardi, il 46% della popolazione
mondiale. Cifre in crescita esponenziale negli ultimi anni, e basta osservare
il numero di utenti attivi sui social network oggi per comprendere cosa si
cerca principalmente on line.
Sicuramente si cerca informazione, ma anche condivisione! Pensiamo ai social network: Facebook, il più usato, ha al suo attivo 2 miliardi di iscritti nel mondo, più degli abitanti dell’intera Cina! La sua grandezza è “ginormous”, gigantesca ed enorme, ed è doveroso chiederci quale sia il meccanismo del suo “successo”. Molte persone trascorrono più tempo sui social di quanto non credano, o di quanto vorrebbero trascorrerne. Da un sondaggio americano è emerso come circa un terzo degli adolescenti e dei giovani adulti controlli Facebook ogni 15 minuti. Per quanto riguarda i messaggi di testo il numero delle persone che li controlla di frequente è anche maggiore. Le persone estroverse amano il lato sociale di questi luoghi e li utilizzano per affinare le loro relazioni esistenti. Al contrario, gli introversi si affidano ai social per compensare la penuria di amicizie reali, trovando le interazioni in rete molto più rassicuranti. Anche l’autostima è considerata uno dei fattori che giocherebbero un ruolo nello spingere le persone ad usare i social network. Guardare il proprio profilo Facebook ha un effetto benefico sulla considerazione di sé.
Sicuramente si cerca informazione, ma anche condivisione! Pensiamo ai social network: Facebook, il più usato, ha al suo attivo 2 miliardi di iscritti nel mondo, più degli abitanti dell’intera Cina! La sua grandezza è “ginormous”, gigantesca ed enorme, ed è doveroso chiederci quale sia il meccanismo del suo “successo”. Molte persone trascorrono più tempo sui social di quanto non credano, o di quanto vorrebbero trascorrerne. Da un sondaggio americano è emerso come circa un terzo degli adolescenti e dei giovani adulti controlli Facebook ogni 15 minuti. Per quanto riguarda i messaggi di testo il numero delle persone che li controlla di frequente è anche maggiore. Le persone estroverse amano il lato sociale di questi luoghi e li utilizzano per affinare le loro relazioni esistenti. Al contrario, gli introversi si affidano ai social per compensare la penuria di amicizie reali, trovando le interazioni in rete molto più rassicuranti. Anche l’autostima è considerata uno dei fattori che giocherebbero un ruolo nello spingere le persone ad usare i social network. Guardare il proprio profilo Facebook ha un effetto benefico sulla considerazione di sé.
Cos’è che ci attrae del web
a tal punto da renderlo oggetto di dipendenza? Il nostro cervello è predisposto
alla connessione emotiva, per cui
rilascia un ormone detto ossitocina,
grazie al quale proviamo una sensazione di benessere quando abbiamo un contatto
intimo, piacevole con l’altro, e basta ricevere un lungo abbraccio perché venga
rilasciato questo ormone. Oltre all’ossitocina, l’altro ormone cosiddetto “del
piacere” è la dopamina, rilasciata
dal cervello quando ci imbattiamo in uno stimolo nuovo e saliente, come un
gusto nuovo e particolarmente buono, ma anche quando riceviamo nuove
informazioni, anche tramite un sms, un tweet. Dunque, la rete, con il suo
potere di connettere e di creare nuovi stimoli, contribuisce a creare nel
cervello delle condizioni di piacere, e attivare il meccanismo della
ricompensa, per cui la persona cerca di ricreare quella condizione per
riprovare la stessa condizione di piacere,
Oggi si parla di FOMO, dall’
acronimo inglese Fear of Missing Out,
per indicare la paura di essere tagliati fuori. Questo fenomeno non è nuovo,
perché da sempre l’uomo conosce la sensazione di essere tagliato fuori da
qualche avvenimento. Tuttavia da quando esistono i social network, e gli
smartphone, in cui molte persone danno notizia delle proprie attività, questa
forma d’ansia sta crescendo notevolmente. Oggi molto più che in passato
possiamo confrontarci con quello che altre persone fanno e ci poniamo dei dubbi
sul fatto di aver optato per la scelta giusta circa le nostre azioni o il posto
dove ci troviamo in un dato momento. Questo tipo di ansia interessa
maggiormente i giovani.
Sofocle disse: “nella vita
dei mortali nessun eccesso viene senza rovina!”
E’ doveroso interrogarsi su
quali modificazioni nel modo di pensare, agire, comunicare, sta portando e
porterà internet
L’osservazione delle aree
cerebrali attraverso risonanza magnetica ha mostrato rilevanti somiglianze tra
i soggetti dipendenti da sostanze e quelli dipendenti da internet, come
l’alterazione funzionale della corteccia prefrontale (la zona del cervello più evoluta
e deputata alla verbalizzazione delle emozioni) e del sistema limbico, ovvero
delle zone dell’encefalo che vengono attivate nei processi di identificazione e
modulazione dei vissuti emotivi. In pratica, come accade nei dipendenti da
sostanze, anche gli internet addicted hanno difficoltà nel dare un senso e una
rilevanza a ciò che accade. Questo vale anche per i cosiddetti nativi digitali, che trascorrono
moltissimo tempo on line o giocando ai videogiochi.
La facoltà di Medicina
dell’Università dell’Indiana nel 2006, ha condotto uno studio sulla relazione
esistente tra i videogiochi violenti e le modifiche nel cervello degli
adolescenti. Attraverso la risonanza magnetica funzionale del cervello, è stato
possibile osservare che i ragazzi che interagivano con il videogioco violento
mostravano una minore attivazione dei lobi frontali - sede dell’autocontrollo,
dell’attenzione, dell’inibizione - e una maggiore attivazione dell’amigdala –
centro del cervello deputato alle emozioni. Dunque, i videogiochi più violenti
originano a breve termine uno stato di sovreccitazione ed una diminuzione delle
facoltà razionali. I videogiochi stimolano nei bambini la risposta di
“attacco-fuga” e non stimolano invece il ragionamento, cosicchè questi avranno
una minore capacità di riflettere sugli stati interni, e nel momento in cui
sopraggiunge un’emozione non sanno dove collocarla.
Come si cura la dipendenza
da internet? Seguendo un percorso di psicoterapia mirato al raggiungimento di
specifici obiettivi di controllo e riduzione dell’uso di internet, attraverso
il rafforzamento della motivazione alla riuscita, l’ampliamento dei contatti
nella vita reale. Nel contempo la persona viene aiutata a sviluppare le
capacità di riflessione sull’esperienza, di tolleranza della frustrazione,
viene guidata in un processo di riduzione
dell’aggressività e di aumento dell’empatia, ovvero la capacità di
comprendere gli stati d’animo propri e degli altri.
“Addiction”
Aspetti biologici e di ricerca Caretti La Barbera Cortina
Editore 2010
“Solitudine
digitale” Manfred Spitzer Corbaccio 2016
“La
psicologia di Internet” Patricia
Wallace Cortina Editore 2017
“Tecnoliquidità”
Tonino Cantelmi San Paolo Edizioni 2013
Dott.ssa Ada Capparelli - Psicologa Psicoterapeuta
www.adacapparelli.it - info@adacapparelli.it
Dott.ssa Ada Capparelli - Psicologa Psicoterapeuta
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